di Dunia Rahwan
La stragrande maggioranza dei problemi di relazione tra uomini e cani ha alla base una profonda incomprensione comunicativa. Non li capiamo, e ci sforziamo poco per riuscirci, mentre loro da millenni ci osservano, ci studiano, e hanno ormai acquisito una lettura raffinatissima delle nostre emozioni e intenzioni. Noi, al confronto, siamo delle pippe! Compreso chi esterna “ho cani da tutta la vita” oppure “faccio il volontario in canile da anni”, quasi tutti commettono ogni giorno una marea di errori di valutazione sui cani, che invece sono così puntuali e precisi nello spiegarsi. Noi iniziamo sul serio ad ascoltarli quando ci incutono timore abbaiando, ringhiando, pinzando e perfino mordendo. Solo allora sospettiamo la presenza di qualche incomprensione…
Gli esseri umani usano la voce per esprimere i pensieri, le emozioni, i desideri, verbalizzano ogni concetto, anche a sproposito, e quindi usano un tipo di comunicazione aliena per il cane. L’aspetto meraviglioso è come il cane riesca comunque a comprendere il linguaggio verbale e rispondere in modo coerente alle nostre richieste, per esempio quando lo richiamiamo o gli chiediamo di rimanere fermo e aspettarci. Uno dei canali comunicativi preferenziali del cane, invece, è l’olfatto, un senso che ci vede parecchio impreparati: lui con un’annusata al sedere oppure alla pipì di un cane fa uno screening completo circa sesso, salute, stato emotivo e chissà cos’altro, mentre il naso umano fatica a discriminare gli odori, che ci colpiscono solo quando sono particolarmente sgradevoli o inebrianti. Studiando il comportamento dei cani ho capito quindi che per aiutare il proprietario medio a comunicare con chiarezza al cane, e comprenderlo, dovevo focalizzarmi su altri canali comunicativi.
Facciamo un esperimento e proviamo a dire a voce alta la frase “vieni qui” anticipata dal nome del cane coniugandola con tre toni emotivi differenti: neutro, assertivo come fosse un ordine, e accogliente, con la vocetta che si usa con i neonati. Al cane risulta lampante che sta ricevendo tre messaggi differenti, anche se vengono usate le stesse parole, e ha una reazione diversa in base all’intonazione impiegata. Nel primo caso, il neutro, è probabile che il richiamo riscuota ben poco interesse nel cane, beatamente intento a farsi gli affari suoi; con il tono assertivo, invece, il cane capisce che siamo arrabbiati e preferisce tenersi a debita distanza da possibili guai; il tono accogliente, allegro e spensierato, al contrario, invoglia il cane ad avvicinarsi solleticando l’innata curiosità e la predisposizione a ricongiungersi al suo umano. E questo accade anche se il cane non conosce le parole “vieni” e “qui” né tantomeno cosa vogliano dire assieme. Sfruttare l’osmosi emozionale nella comunicazione verbale porta a magnifiche risposte collaborative, anche impiegando parole sconosciute al cane oppure un’altra lingua.
Il perfetto incontro comunicativo tra cani ed essere umani avviene sul piano della prossemica, la scienza che analizza i messaggi veicolati dal corpo, o meglio dalla posizione assunta rispetto all’ambiente e agli altri individui, da come si muove e dalla distanza che prende da qualcuno o qualcosa. Insomma, il cane parla con il corpo, e dice un sacco di cose con precisione geometrica! Anche noi chiacchieriamo con il corpo, ma ci facciamo meno caso e siamo più attenti a ciò che sentiamo e vediamo, ma possiamo imparare a esprimerci con la prossemica per essere più chiari nella comunicazione verso i cani cavalcando un canale a loro congeniale. I cani sono ottimi osservatori della nostra prossemica, peccato che spesso vorremmo dire una cosa mentre il nostro corpo esprime l’esatto contrario, come quando si richiama il cane libero dal guinzaglio. Se il cane si sta allontanando e proviamo a chiamarlo andandogli incontro, in realtà gli stiamo dicendo che saremo noi a raggiungerlo, pertanto per il cane non è necessario invertire la direzione di marcia e prosegue nella sua direzione. Se al contrario lo richiamiamo e, quando ci guarda, andiamo dalla parte opposta, comunichiamo “io vado, che fai resti solo o vieni?” e quando la relazione funziona di norma il cane sceglie di ricongiungersi al gruppo sociale.
Osservare la comunicazione prossemica dei cani è per me motivo di continuo stupore, soprattutto durante l’incontro tra cani quando sembrano ballerini intenti a eseguire una complicata coreografia. Le intenzioni dei partecipanti, siano questi cani o persone, si comprendono con chiarezza dalla posizione assunta: mettersi frontali comunica assertività e minaccia, di tre quarti esprime intenti pacifici e amichevoli, e posizionarsi accanto manifesta alleanza, interesse e predisposizione all’interazione. Se però un cane si mette dietro i suoi umani oppure un altro cane, sta delegando ogni responsabilità, e al contrario se intende proteggere qualcosa o qualcuno si pone davanti, a barriera, mentre per troncare la comunicazione gira le spalle e se ne va. Anche la posizione del cane rispetto all’ambiente ha un grande significato, e lo vedo ogni giorno nei miei cani, Vilma e Dustyboy. La vecchietta del mio cuore ha un profilo timoroso, e per rilassarsi in ambienti non familiari deve avere la sua copertina a terra collocata in un posto tranquillo, meglio se protetta dal resto del gruppo sociale, mentre il cinghialotto è il classico labrador strafottente, talmente sicuro di sé e privo di paure da addormentarsi a pancia all’aria durante un pranzo domenicale in una pizzeria frequentata da famigliole chiassose (è storia vera!).
Un altro aspetto cruciale della prossemica è il movimento, e per comprenderne la portata provate a fare un test coinvolgendo un amico: ponetevi a tre metri di distanza, poi fissatelo negli occhi e avvicinatevi velocemente e con traiettoria rettilinea fino a raggiungerlo a pochi centimetri, infine domandategli se ha provato senso di minaccia e disagio. La traiettoria del movimento esprime le intenzioni ed è quindi molto importante in un incontro tra sconosciuti: se la traiettoria frontale incute timore, quella curvilinea lancia messaggi di pace, “arrivo e ho buone intenzioni”, mentre allinearsi indica complicità. Ha un peso anche la velocità dello spostamento: un avvicinamento calmo rilassa l’interlocutore, invece troppa rapidità preoccupa.
Nella comunicazione prossemica le distanze seguono una legge non scritta: si riducono con la conoscenza e la reciproca fiducia. Di solito i cani accettano il contatto fisico solo dagli amici, con i quali condividono anche il risposo se entrano nella sfera intima, ma tra estranei la comunicazione avviene soprattutto a distanza tramite la prossemica, un sistema che evita inutili conflitti. Spesso i cani sono in difficoltà per colpa delle distanze sociali non rispettate, soprattutto in città dove gli spazi sono ridotti e impera la strana abitudine delle persone di avvicinarsi ai cani per toccarli. Mettiamoci nei loro panni: saremmo felici di trovarci addosso le mani frenetiche di uno sconosciuto? Sono certa di no, ma per qualche strana ragione pensiamo che i cani, indistintamente tutti, non vedano l’ora di essere smanazzati dal primo che passa. Esistono di sicuro cani più coccoloni e socievoli, al pari degli umani, ma più spesso noi come loro manteniamo una buona quota di diffidenza e distanza che si assottigliano durante un percorso di conoscenza reciproca.
Con cani reattivi oppure molto timorosi è cruciale imparare a esonerarli da ogni responsabilità nei confronti di ciò che desta la loro preoccupazione attraverso la comunicazione prossemica. Quando infatti un cane al guinzaglio minaccia un suo simile, un runner o un passante, di solito è intimorito ed emette comportamenti più o meno aggressivi per tenere a distanza il problema ed evitare l’incontro. Questo accade quando i cani sono lasciati soli ad affrontare le difficoltà, ma se la relazione è sana e il cane si fida del suo referente, si può sfruttare la comunicazione prossemica per dire al cane che ci prendiamo carico del pericolo, reale o solo percepito. E per farlo è sufficiente interporsi tra il cane e lo stimolo preoccupante finché l’emergenza sarà passata: “ci penso io, tu rilassati”.
Lo stesso principio è valido quando vengono a trovarci gli ospiti e il cane pensa sia compito suo proteggere se stesso, la famiglia e la casa; l’incomprensione nasce permettendo al cane di accogliere gli ospiti, magari incitandolo dicendogli “chi c’è? chi c’è?”. Il modo migliore per trasformare il cane nel portinaio perfetto! Va tutto bene finché il ruolo è assunto da un individuo prosociale in vena di amicizie, ma per i cani diffidenti e spiccatamente protettivi è come innescare una bomba, pronta a esplodere se il cane che ha assunto il ruolo di controllore si trova davanti un ospite sgradito e pensa sia compito suo scacciarlo con determinazione. Al contrario, se quando entra un estraneo in casa chiediamo al cane di rimanere alle nostre spalle e gli permettiamo di verificare il nuovo arrivato solo quando avrà un atteggiamento calmo e controllato, ci poniamo come i mediatori della relazione e avvalliamo la presenza dell’ospite in casa. A ciascuno il suo ruolo!
L’impiego della magica prossemica prevede una buona dose di pazienza e capacità osservativa. Con il tempo e l’allenamento inizierete a comprendere gli infiniti messaggi emessi dal corpo del vostro amato, e di rimando imparerete a emularli per farvi capire. Sarà il cane a insegnarvi il paradigma della prossemica, noi siamo gli allievi e i cani i maestri, affidiamoci a loro e dimentichiamo per un attimo di avere le mani ed essere dei primati. Per mettere a loro agio i cani, non risultare minacciosi e comprenderne il linguaggio è necessario muoversi come cani e riflettere con attenzione su ogni sfumatura comunicativa del corpo. Se come me da bambini custodivate il sogno di parlare con gli animali, ora potete realizzarlo grazie alla prossemica, a mio avviso la più potente arma di comunicazione quando si tratta di conversare con i nostri migliori amici.