Domenica 17 marzo, durante il
Festival “Un'altra montagna" organizzato dall'associazione
Io Non Ho Paura del Lupo, il nostro amico e fotografo naturalistico Paolo Rossi presenterà in anteprima nazionale il suo nuovo cortometraggio dal titolo “
La vendetta del lupo monco" realizzato in collaborazione con Io non ho paura del lupo e Winter Film. La storia di un lupo che, a causa di un atto di bracconaggio, ha adottato comportamenti anomali. Menomato da una fucilata, per anni insieme al suo branco ha suscitato terrore negli abitanti di una valle dell'Appennino settentrionale. Abbiamo avuto il piacere di incontrarlo per scambiare due chiacchiere sul suo progetto e indagare sul mondo del Canis Lupus Italicus.Buona lettura.
Paolo Rossi in una delle sue spedizioni
Manca poco all'uscita del tuo cortometraggio. Una curiosità: come si realizza un film del genere e come si riescono a ottenere queste riprese?Per il mio lavoro precedente (
Vacche Ribelli, 2017) avevamo installato camere automatiche nel bosco, perfette per catturare immagini di animali elusivi senza disturbarli. In questo caso abbiamo scelto di usare solo immagini vere del lupo monco e della sua famiglia. Non le avevamo noi, ce le hanno concesse gentilmente il
Wolf Apennine Center, l'associazione IoNonHoPauraDelLupo e il signor Giuseppe, che è stato l'unico a filmare dal vivo il Monco e la sua compagna.
Com'è nata l'idea di girare questo film? Cosa ti ha spinto a realizzarlo?Ho scoperto questa storia dalle parole di Mario Ferraguti, uno scrittore che mise in musica questa vicenda qualche anno fa. Ciò che mi ha spinto a farne un film è la mia passione di fondo per le storie di resistenza indigena (e per i film western). Questo Lupo monco con la sua banda di lupi mi hanno ricordato alcuni mitici personaggi della resistenza indigena dell'800 nel Nord America, come Geronimo o Cavallo Pazzo.
Come è riuscito un lupo a vivere 4-5 anni in libertà e sfuggendo ai bracconieri, nonostante la grave menomazione alla zampa anteriore?La straordinaria adattabilità e resistenza del lupo dipende da tre fattori principali, direi: la capacità di variare la dieta, la coesione della famiglia nei momenti difficili (prendersi cura dei feriti ad es.) e l'elusività: un lupo può vivere in un determinato luogo senza farsi scorgere quasi mai dall'uomo. Nel nostro film, indirettamente, si parla anche di questo. Crediamo che “la solidarietà" sia una prerogativa degli esseri umani ma i lupi ed altri animali ci dimostrano che non è così.
Fondamentale per il Monco la presenza del branco, quello stesso branco che lo ha protetto e di cui lui è continuato a essere leader. Sì, il film apre altre domande sulla specie, come "quali caratteristiche deve avere un lupo per diventare un leader?" Questo lupo era grosso e massiccio, sì, ma non riusciva a correre come gli altri. Tuttavia, per anni è stato il lupo alfa della sua famiglia e si è riprodotto per molti anni di fila con la femmina alfa (come hanno dimostrato gli esperti di lupi del Wolf Appennine Center). Il film si concentra sulla capacità del “lupo monco" di riuscire a cacciare sia ungulati che animali domestici: ha difeso le sue prede e la sua prole, predando attivamente i cani da caccia al cinghiale che gravitavano nel suo “bosco preferito".
Il lupo non è solo un grande predatore: è parte di un ecosistema e gioca un ruolo fondamentale per il mantenimento del suo naturale equilibrio.Sì assolutamente, vi sono molti studi che lo dimostrano. Uccidendo le prede deboli, impedisce il proliferare di malattie infettive tra le popolazioni degli ungulati. Quindi uccidendone una ne preserva molte altre, seleziona i più forti e, senza volerlo, fa un grande favore alla popolazione delle sue potenziali prede e protegge la biodiversità: straordinario.
Tutto questo inneggiare al lupo cattivo, ha davvero senso? Tu, "l'uomo che cerca
e fotografa i lupi", ti sei mai sentito in pericolo?Ho incontrato almeno 30 lupi diversi dal 2009 ad oggi e neppure quando erano in compagnia dei cuccioli mi hanno dimostrato aggressività, tuttavia, le persone son sempre più ignoranti sul tema "animali selvatici" e confondono il selvatico con il domestico. In molti, ad esempio commettono il grave errore di dare cibo a volpi, cinghiali e in qualche caso anche ai lupi. Il selvatico deve restare selvatico, se noi lo trattiamo come un domestico richiamo di pagarne pegno: ci possono aggredire o possono dimostrare confidenza verso l'uomo sbagliato, rischiando di essere uccisi da bracconieri (fucilate o veleno).
Sfatiamo qualche falso mito su questo animale tanto affascinante quanto misterioso.Volentieri: i lupi non attaccano l'uomo a meno che non ci sia qualche incosciente che dà a loro del cibo; i lupi non aumentano a dismisura; i lupi non son stati liberati dall'uomo, sono tornati naturalmente partendo dalle zone più selvagge dell'Abruzzo e della Calabria (per citarne due come esempio).
Dato il tuo lavoro e la tua passione, conoscerai molti allevatori che vivono la montagna ed entrano spesso in contatto con i predatori. Come vivono questa coabitazione? Quanti hanno scelto la via coraggiosa della prevenzione adottando metodi di difesa alternativi al fucile?Il fucile non è mai stato un mezzo utile. Chi uccide la volpe perché gli mangia le galline, continuerà a perdere galline perché arriverà presto una nuova volpe. Chi fa un bel recinto invece, risolve il problema senza usare fucili. Conosco molti allevatori che convivono coi lupi grazie a buoni recinti e buoni cani, tuttavia, il lupo è un animale adattabile con un grande spirito deduttivo quindi, anche gli allevatori coi buoni cani e buoni recinti devono stare sempre in guardia, studiando i lupi che abitano vicino a loro. Noto che gli allevatori più bravi a convivere coi lupi, sono quelli che meglio si documentano sui comportamenti dei lupi stessi.
Una coesistenza pacifica può esistere, non è fantascienza.Ci saranno sempre persone che sapranno convivere coi lupi e persone che non sapranno o vorranno mai convivere coi lupi. I lupi colpiscono gli allevamenti più restii a convivere, colpiscono coloro che non usano recinti e cani. Questo porta grandi conflitti difficili da mitigare, per fortuna abbiamo grandi professionisti in Italia da questo punto di vista, Duccio Berzi per fare un nome, che oltre a essere un esperto di lupi (di cani e di recinti) è anche un piccolo allevatore, molto capace a difender i suoi animali domestici dai lupi, proprio perché conosce bene questi predatori. Spero che i nostri politici si affideranno sempre più spesso a professionisti come lui invece che al buon vecchio e inutile grido: "al lupo al lupo".
Torniamo a te. Quali sono i tuoi prossimi progetti, dopo l'uscita del film?Almeno un paio di progetti: portare in giro il film e mostrarlo dal vivo nei cinema e teatri di paese, città e provincia per tutto il 2019 e 2020. E il terzo libro che spero di far uscire entro la fine nel 2019. Dopo Lupi Estremi (2017) INCIVILI (2018) entrambi esauriti, è tempo di far uscire il mio terzo lavoro fotografico su carta. Perché credo di essere un romantico che preferisce le cose che "si possono toccare con mano": libri, mostre fotografiche e proiezioni dal vivo.