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L’ESERCITO DEI CANI RESCUE

L’ESERCITO DEI CANI RESCUE

di Dunia Rahwan

Capisco i fissati della razza, lo sono anch’io. Del resto dietro una razza o un gruppo di razze ci sono prerogative caratteriali, predisposizioni e motivazioni più o meno spiccate, insomma c’è la genetica. Quindi, a prescindere dall’aspetto estetico, che dovrebbe essere l’ultimo dei paramenti utili a guidare la scelta del cane, la razza fornisce indicazioni generiche sul suo temperamento. La mia fissa sono gli epagneul breton, come la mia adorata Vilma, adottata irresponsabilmente nove anni fa. Quando è entrata nella mia vita studiavo soprattutto il comportamento degli animali selvatici ma per aiutarla ho dovuto approfondire le mie conoscenze cinofile; infatti, fin dal primo giorno Vilma ha manifestato un nutrito compendio di problematiche comportamentali che non sapevo affrontare. Grazie a Vilma, inoltre, ho scoperto l’esistenza di gruppi rescue dedicati all’adozione di cani di razza, ed è proprio lì che ho scovato la mia gioia più grande. 

 

L’esercito dei rescue

Tra le migliaia di cani in attesa di una famiglia, molti sono di razza pura o quasi. Il fatto che siano finiti in canile o in rifugio non significa che siano aggressivi, ingestibili, dei cattivoni da galera. Lavoro in canile da tanti anni e posso confermare che quasi tutti i cani finiscono in box perché hanno avuto l’enorme sfortuna di incontrare l’umano sbagliato, e non hanno alcuna responsabilità per il loro destino, che al contrario è deciso da qualcun altro. Desiderando il cane di razza, la scelta più etica sarebbe cercarlo prima tra i gruppi rescue dedicati proprio alla razza amata, che spopolano sui social, in particolare Facebook: magari non avrà il pedigree, ma è altamente probabile che conservi l’estetica di razza, e soprattutto le prerogative caratteriali, da valutare con attenzione prima di scegliere il cane. Provare per credere: inserite nel motore di ricerca di Facebook “rescue” seguito da una razza qualunque, per esempio labrador, e avrete solo l’imbarazzo della scelta. 

 

Adottate con la testa, che il cuore è truffaldino

L’adozione di Vilma ha avuto un inizio disastroso. L’annuncio della sua adozione spiegava che era stata accalappiata in Campania ed era pronta per partire con una staffetta, e la descriveva come un esserino di appena un anno, otto chili e perfetta in ogni situazione, adattissima a una prima esperienza. Poi è arrivata Vilma: aveva almeno 3 anni, il doppio del peso dichiarato, epilettica, neurologica, terrorizzata da tutto, soprattutto dalla città e dai cani, non aveva mai visto prima una pettorina né un guinzaglio ed era impossibile convincerla a sporcare fuori o camminare per più di 100 metri. Inoltre, era del tutto disinteressata a stringere un legame con i componenti della sua nuova famiglia e il mio compagno dei tempi non aveva mai avuto cani: volevo spararmi! Questa esperienza, abbastanza traumatica, mi ha spinto anni dopo a divulgare gli spiegoni sull’adozione consapevole, con particolare attenzione a quelle tramite i gruppi rescue, una vera miniera di tesori da scovare purché si sappia come cercarli. Ecco qualche consiglio per evitare gli errori più clamorosi: scegliete un cane che si possa conoscere di persona; se ci sono già cani in famiglia, effettuate prima le prove di compatibilità, idem con i gatti, assicuratevi che il cane li conosca e non cerchi di mangiarseli; infine, se in canile non è presente un esperto di comportamento cinofilo durante l’incontro, portatevene dietro uno di fiducia che vi guidi nella scelta. 

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Levrieri, le creature aliene

Tra i gruppi rescue più organizzati e seri ci sono quelli dedicati ai levrieri, cani eleganti, quasi principeschi, adatti più o meno a tutti. Comprarlo in allevamento è un sacrilegio perché ogni anno in Europa cercano casa migliaia di galgo e greyhound sfruttati per la caccia o le corse legate al gioco d’azzardo. I greyhound sono levrieri da corsa impiegati nei cinodromi di Regno Unito e Irlanda, mentre i galgo sono impiegati in Spagna dai galgueros per l’attività venatoria: si stima che, ogni anno in questi paesi vengano uccisi 70.000 levrieri ormai inutilizzabili a scopo commerciale. Ma i più fortunati entrano nel circuito delle adozioni in cerca di riscatto da un’esistenza di paura. Sebbene abbiano avuto una vita infame, questi splendidi animali sono dotati di un’incredibile capacità di adattamento e resilienza, ossia di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, così anche se subiscono ogni tipo di sopruso, sono in grado di perdonare e recuperare un equilibrio interiore. Per quanto siano cani di una certa stazza, vivono bene anche in casa, si adattano alla vita in città e non hanno per forza bisogno di un giardino; sfatando un mito diffuso, inoltre, non devono correre di continuo ma hanno le comuni necessità di tutti i cani e, anzi, sono tendenzialmente pigri. Di rado tirano al guinzaglio (i greyhound imparano la condotta perfetta con le botte, quindi sono dei soldatini) e sono molto complici fra loro, tanto che spesso chi ne adotta uno poi ci va a rota! In un primo momento possono essere timorosi e diffidenti, ma concedendogli il giusto tempo di adattamento e assicurandogli una dimensione familiare tranquilla, si rasserenano in breve tempo e si affidano ai loro umani. La fama di spietati cacciatori non gli impedisce di convivere con i gatti, purché l’inserimento in famiglia venga effettuato in maniera corretta e testato nel percorso pre adottivo. In Italia tra le associazioni più attive troviamo Pet Levrieri e SOS Levrieri. 

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Molossi, il razzismo in cinofilia

Complici gli articoli di giornale e la tipologia di adottante medio per queste razze, i molossi sono considerati dai più dei serial killer. Pitbull, bull terrier, amstaff (o meglio american staffordshire terrier), rottweiler, cani corso e molossi in generale pagano lo scotto di essere le razze preferite dai minus habens che pensano di dimostrare la loro forza e grandezza gestendo cani importanti per mole e capacità offensiva. Anzi, sottomettendoli… Siamo tutti d’accordo che se un pitbull morde fa più male di un chihuahua, ma questo non significa che il primo è intrinsecamente più pericoloso del secondo, ma che se si arrabbia fa più danni. I già citati minus habens comprano questi cani quando sono cuccioli e abbracciano l’approccio coercitivo indottrinati da l'erronea credenza che i cani vadano sottomessi quando sono ancora giovani, sennò penseranno di essere il capobranco, si ribelleranno al padrone e altre baggianate di questo tipo. Per ottenere il loro scopo non si fanno remore a maltrattarli, strattonarli al guinzaglio con il collare a strangolo (o “a scorrimento”, ma la sostanza non cambia: strangola i cani), urlano e fanno volare calci e schiaffoni se i cani non si assoggettano al volere del “capobranco” umano. In questo delirio di onnipotenza non si considera mai che il cucciolo poi diventa grande e all’ennesima angheria il giovane adulto può decidere di ribellarsi, difendersi e dire basta. Il canovaccio di questa storia è sempre lo stesso: alla prima pinzata o morso, a volte anche solo per avere ringhiato, l’adolescente finisce in canile con lo stigma del morsicatore. E spesso lì dentro ci crepa. Mi sento di spezzare invece una lancia a favore di questi cani, che non sono di certo banali ma considerando quello che di norma subiscono li annovero tra gli angeli cinofili. Se io ricevessi il loro stesso trattamento, altro che morsi… Nei canili delle grandi città si incontrano soprattutto molossi, che rappresentano il 75% dei cani nel canile di Vignate, in provincia di Milano, dove faccio la volontaria: qui solo una minima parte è pericolosa e di difficile gestione, gli altri sopportano la reclusione e aspettano un’occasione di riscatto, sebbene per colpa del razzismo diffuso nei loro confronti non ricevano neppure uno sguardo e finiscano per spegnersi in gabbia. Si tratta al contrario di cani forti, fieri, che combattono contro le avversità, che stringono un fortissimo legame con la famiglia, sono collaborativi, intelligenti, affettuosissimi e bellissimi, il che non guasta mai. La loro adozione non è banale perché sono cani di carattere, con una dentatura importante, ma lasciando cadere il velo di diffidenza creato dall’impulso mediatico, potreste scoprire in questi bestioni il migliore degli amici. 

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Gli scarti dei cacciatori

I cani da caccia, con quegli occhi tondi grossi e languidi, riempiono i canili dei paesini di campagna e montagna, dove l’attività venatoria è ancora di moda. Gli scarti dei cacciatori, ormai troppo vecchi per lavorare oppure inetti, spaventati dai botti o senza una propensione predatoria, vengono eliminati oppure abbandonati. Quasi sempre sono accalappiati vaganti sul territorio in condizioni pietose, scheletrici, impauriti e del tutto inesperti alla vita fuori dal serraglio e dai boschi. Sono animali sensibili, spesso terrorizzati dagli esseri umani, soprattutto se di sesso maschile (i cacciatori sono quasi sempre maschi), in preda ad ansie profonde. Del resto, la vita del cane da caccia medio è questa: resta quasi sempre in gabbia insieme ad altri sventurati ed esce solo durante la stagione venatoria un paio di volte la settimana per lavorare; il cibo gli arriva ogni tanto e spesso deve combattere per sfamarsi, inoltre soffre il freddo d’inverno e il caldo d’estate, per non parlare della deprivazione perpetrata per anni. L’adozione di un breton come Vilma, ma anche di setter, kurzhaar, beagle, drahthaar, pointer, segugi e bracchi in generale, va ponderata; non lasciatevi abbindolare dall’aspetto cuccioloso dei cani da caccia perché sono esseri con esigenze molto precise, e dovrete imparare a soddisfarle se vorrete il loro benessere e l’armonia in famiglia. Sono cani programmati per resistere alla fatica fisica per ore, selezionati per correre nei boschi, guadare fiumiciattoli, gettarsi nei rovi e strisciare nella melma, mentre al contrario limitati alla sola vita cittadina potrebbero un giorno sviluppare disturbi comportamentali e malessere psicofisico. Con questi cani o abitate in un contesto naturale oppure fate come me, che nel tempo libero carico i miei cani in macchina e andiamo a passeggiare in ambienti a loro più congeniali. Penso che i cani da caccia siano i migliori compagni di vita, allegri, dinamici, sempre pronti a lanciarsi un nuove avvenute, fedeli, coccoloni, affiliativi e socievoli. Nella mia vita avrò sempre un cane da caccia accanto perché adoro la loro essenza di buffoni sempre pronti a farsi una risata. 

 

Cucciolo di maremmano travestito da golden

Se doveste leggere un annuncio di adozione che sponsorizza un cucciolo di golden retriever proveniente dal Sud Italia sappiate che con buona probabilità si tratta di un pastore di guardiania di razza maremmano, che è tutt’altra cosa! Da piccoli si somigliano, ma quando crescono non potrebbero esserci animali più differenti. Mentre i golden sono cani da riporto predisposti alla collaborazione e con un morso calibrato per non rovinare l’anatra recuperata nell’acquitrino, i pastori addetti alla protezione del bestiame, come il maremmano, il Pirenei, il Ciarplanina e il Caucaso, sono selezionati per difendere il bestiame da predatori quali l’orso e il lupo, un lavoro che svolgono con serietà, in autonomia e se necessario con estrema aggressività. Quindi i pastori di guardiania sono tipi tosti. Il discorso del razzismo cinofilo vale anche per loro, complice la mole e i fatti di cronaca fuorvianti, ma a mio avviso sono tra le razze più equilibrate e affidabili se vengono rispettate e si conoscono le loro prerogative. I pastori di guardiania, in Italia soprattutto maremmani, affollano i canili, luoghi dove soffrono tremendamente la reclusione in quanto spiriti liberi e indomiti, abituati ad agire in autonomia e con grande sicurezza, nonché a vivere all’interno di gruppi sociali eterogenei composti da pecore, capre, asini, cavalli, galline, gatti, altri cani e uomini, un minestrone di animali che per il maremmano rappresenta la famiglia. Da soli dietro le sbarre si deprimono e si spengono giorno dopo giorno. L’adozione di questi cani potrebbe essere inizialmente più impegnativa, e se pensate di giocare a braccio di ferro con loro sappiate che partite già sconfitti: i maremmani e i loro cugini sono tipi fieri, che tuttalpiù scendono a compromessi collaborativi su base relazionale, se glielo chiedete con gentilezza. Il lavoro conoscitivo ed educativo è basilare con i pastori di guardiania, ma una volta instradati nel modo corretto il più è fatto e resta solo la meraviglia.

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Maltrattamento genetico

Alcune razze non dovrebbero esistere in quanto prodotto di un maltrattamento genetico che arreca enormi sofferenze agli animali. In particolare, gli inflazionati e modaioli cani brachicefali, quelli con il muso schiacciato come i bulldog inglesi, i bulldog francesi, i carlini e i cavalier king, di frequente sviluppano gravi patologie respiratorie, malattie agli occhi e cefalee, tanto che è partita una campagna internazionale sostenuta in 66 paesi per chiedere l’abolizione di queste razze. Pensate che l’esistenza del bulldog inglese dipende dall’inseminazione artificiale e dai parti cesarei inflitti alle fattrici, l’Epopea dell’assurdo! In Norvegia hanno già vietato l’allevamento di bulldog inglesi e cavalier king, altra razza brachicefala di moda nei salotti cittadini afflitta da maltrattamento genetico: un tempo aveva un muso normale, poi qualcuno ha deciso di accorciarglielo e si è creato uno scalino all’attaccatura del naso che va a premere sul cervello, condizione che può causare un mal di testa lancinante e cronico. Quindi, se proprio desiderate accogliere uno di questi cani in casa, adottatelo rescue, tiratelo fuori dalla gabbia, altrimenti comprandolo avrete finanziato un mercato senza regole a tutela del benessere dei cani, sempre più manipolati per conformarsi ai nostri canoni estetici e sembrare eterni cuccioli, con gli occhioni e la testa tondeggiante, caratteristiche fisiche che stimolano la nostra voglia di prendercene cura come fossero neonati. Un tipo di amore che non è amore.

 

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